30Mar

Arctic Sea Kayak Race (ASKR) 2001 – Testo di Luciano Belloni

Sono trascorsi venti anni da quella vacanza avventura e quest’anno si celebrano i venti anni della fondazione di Sottocosta che avvenne nel lontano Febbraio in quel di Marciana Marina e si ritiene che non ci sia miglior celebrazione che la rievocazione dell’ASKR di quei tempi.
L’idea nacque al termine di una serata del Dicembre 2000 in quel di Bocca di Magra, dove un nutrito gruppo di amici, facenti parte dell’Associazione IKDM (Il Kayak da Mare), si trovava ad un raduno divenuto poi il raduno di fine anno dei kayakers marini italiani, il noto WISKIE (Winter Sea Kayak Italian Event).
Fu lanciata l’idea ai presenti e gli interessati, con una sola e semplice stretta di mano presero impegno ad affinare i dettagli organizzativi e rendere concreto il progetto. Fu anche merito di Luigi e Luciano, che avendo già vissuto tale esperienza nel ’99, riuscirono a motivare gli amici con accattivanti racconti.
Ad avventura conclusa, fu pubblicato il resoconto del viaggio sul “bollettino” trimestrale de Il Kayak da Mare dell’autunno 2001, e qui si riporta il testo di quella avventura. Se lo scritto appare lungo, leggetelo a puntate, perché solo al termine si potrà trarre la conclusione o la convinzione che una occasione come ASKR non si possa lasciar perdere.
Su queste pagine del “il kayak da mare”, nel numero di Autunno 1999, fu già raccontata l’esperienza di una settimana trascorsa alle isole Vesteralen, nella parte nord della Norvegia. Tuttavia da quella data, ogniqualvolta incontravo nuovi amici, gli stessi erano attratti dal logo dell’ASKR posto in coperta del mio kayak e l’argomento Norvegia ha sempre suscitato curiosità, interesse ed un certo desiderio di provarci, perché almeno una volta un sea-kayaker, là ci deve andare.
Fu così che a Dicembre del 2000 un gruppo di amici prese decisione e si avviò la fase organizzativa e decisiva fu la proposta di Marco per il viaggio con due camper.
Ci sarebbero da scrivere pagine e pagine sul viaggio di oltre 8000 km che ha portato sette amici attraverso l’Europa mentre altri sei hanno raggiunto il luogo d’incontro con altri mezzi.
Ma chi erano costoro? Daniela e Ugo da Roma, Marilina e Luciano da Genova, Simona e Pierangelo da Chiavari, Fabio, Federico, Guido, Piero, Marco, Luigi e Luciano.
Il lungo viaggio ha consentito di vedere ed ammirare le dolci e verdeggianti colline danesi, le grandi foreste di Norvegia e come innevate a poca distanza dal Mare del Nord, senza contare il fascino delle isole Lofoten con il loro emergere imponente dal mare, frutto della erosione dei ghiacci di un lontanissimo passato.
Raggiungere le Lofoten e Vesteralen è per così dire, semplice, basta arrivare in Svezia a Malmoe o Goteborg, prendere la E6 e poi sempre dritto senza rischio di sbagliare.
Alle Lofoten siamo arrivati traghettando da Bodo, dove all’aeroporto abbiamo recuperato Ugo e Daniela, traghettando di notte, direttamente su Moskenes, un villaggio di poche case a due passi da Reine. Il sogno di mettere in acqua i kayak ed entrare nel Kirkefjorden e nelle sue diramazioni è andato in fumo per le avverse condizioni di tempo e di mare. Anche nel ’99 s’è dovuto rinunciare, ma la voglia di riprovarci è grande, senza sottovalutare i movimenti delle maree, a noi in parte sconosciuti.
Dopo aver girato in lungo e in largo le Lofoten raggiungiamo le Vesteralen sino ad Andenes, il punto più settentrionale dell’arcipelago, all’estremo dell’isola di Andoya dove è il faro alto 48 mt, e da dove partono le escursioni in mare alla ricerca delle balene.

giorno di vento e pioggia alle Lofoten

il faro di Andenes

Le spiagge candide di Bleik impongono una sosta, e nei pressi dell’isolotto di Bleiksoya ammiriamo aquile di mare che riusciamo a fotografare mentre spiccano il volo librandosi poi al vento. Molti i gabbiani, dei puffin invece, i pulcinella di mare, non c’è ombra ma la loro vista è solo rimandata.
In una giornata di pieno sole, seppur battuta dal vento, raggiungiamo la base di partenza di Krakberget, dove una buona parte dei partecipanti alla “ramble” è presente. Il nostro arrivo con i camper carichi di kayak venuti da lontano, suscita interesse e curiosità ed in particolare le attrezzature quali le pagaie groenlandesi scarsamente conosciute all’epoca.

completate le operazioni di parcheggio

il campo prima della partenza

Simpatico l’incontro con i vecchi amici norvegesi e calorosa la loro accoglienza.

Espletate le formalità di rito, al primo briefing vengono illustrati i percorsi della prima giornata e fornite le previsioni meteo definite incoraggianti.
Sono previsti due percorsi “ramble”, uno su distanze brevi ed uno su distanze più lunghe, e ciò per incontrare esigenze dei partecipanti, quelli alle prime esperienze e quelli che non temono distanze e condizioni di mare più impegnative. Ciò richiede sempre uno sforzo organizzativo non indifferente al team dell’ASKR.
In una gaia atmosfera e con sole, viene dato il via e l’andatura nelle prime due ore e mezzo, non è certo turistica, ma questa è l’ASKR, per cui si pagaia di buona lena e ci si adatta perché è noto che non si tratta di passeggiata. Il gruppo inizialmente compatto si disgrega e dopo aver pagaiato tra isole dell’arcipelago si giunge al termine di una lunga insenatura dove ci si organizza per un trasbordo da una parte all’altra dell’isola di Langoya, per un imbarco su una diramazione del Eidsfjorden. Nel corso della sosta assistiamo al fenomeno della marea che sale a vista d’occhio mettendo a mare i kayak, in particolare i nostri, incautamente posizionati troppo vicino all’acqua.

L’organizzazione è dotata di mappe e tabelle indicanti i livelli di marea, le latitudini e le ore di salita e di calo del fenomeno stesso. Ci sono stagioni e zone sia di Lofoten che di Vesteralen dove le maree costituiscono un grave pericolo per le forti correnti e per la grande massa d’acqua in movimento. Nel caso, sempre meglio raccogliere informazioni sul luogo prima di avventurarsi in mare.
Il bel tempo di tutta la mattinata, cambia e l’atmosfera si fa grigia e le acque del fiordo si increspano; talvolta si ha la sensazione che il kayak non proceda malgrado lo sforzo profuso, ma si tratta solo di vincere la corrente di marea.

Ogni ora c’è una breve sosta per riunire il gruppo e poi ripartire a 3,5 nodi con punte sui 4. Il piano della prima giornata viene parzialmente modificato, tanto che al termine risultano percorsi 25 nm. La zona di campeggio non è delle migliori ma non c’è nulla di meglio e ci stiamo abituando e adattando così come tutti gli altri. Si mettono in sicurezza i kayak e le tende vengono montate su una collina dal fondo morbido e poco uniforme. La stanchezza risolve tutti i problemi del terreno.
Nel corso del briefing serale vengono poste le premesse per rendere più turistica l’andatura nei giorni successivi al fine di poter meglio apprezzare le coste e le bellezze naturali offerte dalle Vesteralen.
Un po’ di pioggia nella notte, ma grazie alla variabilità, il vento asciuga tutto.
La seconda giornata si presenta con cielo coperto e la temperatura si può definire mite e sul meteo l’organizzazione non si pronuncia, piuttosto indica che il percorso sarà di circa 20 nm.

Dopo aver pagaiato per circa un’ora e mezzo, si entra nel Vesteralsfjorden e sulla sinistra la grande isola di Hadseloya su cui si trova la cittadina di Melbu, punto di arrivo dei traghetti dalle Lofoten. Le nostre attenzioni sono rivolte al tratto costiero roccioso, contrariamente a quello verdeggiante del giorno prima. Il piacere è zig-zagare tra gli scogli, tra piccole isolette in un silenzio assoluto e coinvolgendo un gruppetto di giovani svedesi più propensi a “darci dentro” che godersi un tratto gradevole di costa. Mare buono.
Il tempo volge al bello e così sarà per tutto il resto della giornata. La sosta a Skarvagen consente qualche acquisto nell’unica bottega del villaggio. Si trova una zona dove sostare, ma l’arrivo della marea costringe ad un veloce trasferimento oltre al recupero dei kayak che da soli avevano preso a galleggiare grazia alla nostra diabolica superficialità nel non considerare l’arrivo del fenomeno.

Una dolce brezza ci accompagna nel pomeriggio, e pur essendo esposti al mare aperto, il moto ondoso è dolce. Il gruppo rallenta in presenza di alcune foche che aggirano i kayak mostrando la loro calotta cranica a pelo d’acqua, fino a fermarsi fissando lo sguardo con i loro grossi e tondi occhi. Ci scambiamo occhiate silenziose e solo dopo qualche minuto scompaiono in mare: momenti galvanizzanti. Una breve sosta sulla tranquilla e candida spiaggia di Straume, consente agli amici genovesi un bagno emulando alcuni svedesi e norvegesi, mentre è l’ora degli eskimo di Federico, Piero e Marco: le loro tecniche con pagaia groenlandese sollevano ammirazione da parte dei presenti e si prospetta una potenziale competizione con i nordici.

A fine giornata si raggiunge Asanfjorden, dove una candida spiaggia e una verde collina costellata di fiori, offrono il loro benvenuto e lì sarà montato il campo. Sistemati i kayak a ridosso della collina, si attrezza il campo con il panorama sul fiordo stesso. Una serata con cielo sereno, il fuoco acceso e tutti in un piacevole conversare, frutto anche del vino e birra emerse dai gavoni come per miracolo, e tanta luminosità notturna.
Nella tarda notte si alza il vento, pioggia e ancora provvidenziale vento che tutto asciuga.



La terza giornata prevede il raggiungimento di Skipnes, dove risiede il centro di coordinamento della manifestazione. Il cielo terso e la fresca brezza ci accompagnano per le prime tre ore di navigazione nel corso delle quali raggiungiamo la zona di parco naturale ai piedi dell’isola di Nykan.
Il gruppo degli oltre quaranta kayaker si ferma ad ammirare le centinaia di puffin in un volo molto goffo per via del loro corpo simile a quello dei pinguini. Una vera meraviglia della natura, ma ciò che rende avvincente in quella sosta, è il volo di una trentina di aquile di mare, dalla coda e dalle estremità delle ali bianche, che in volo stanno immobili o si muovono dolcemente senza batter ali, contrariamente a quello frenetico dei pulcinella di mare, i puffin.
Lasciato quel luogo incantevole e indelebile nella memoria, si giunge a Nykvag, un piccolo villaggio di pescatori, a ridosso di una parete rocciosa dove a migliaia nidificano i kittiwake, i gabbiani che esplodono le loro grida in cacofonia baraonda a difesa dei loro nidi.

La sosta pranzo è prevista ad Hovden, dove a collegamento del promontorio ci sono due lunghe spiagge con gigantesche rastrelliere per l’essicazione dei merluzzi. Un bel sole e un vento gelido ci accolgono. Si trova riparo tra due massi e si mangia qualcosa di fretta perché manca il tempo per cucinare sui fornelli, anche se qualcuno ci prova ma con scarso successo (Fabio docet).
Si riprende tagliando il Malnes Fjorden, in direzione nord-est, con destinazione Skipnes, dove si giunge con un bel sole. Nella scelta del campo, si sceglie la cima della collina dove montare le tende del gruppo italiano su un soffice ed umido tappeto erboso, a cui si aggregano alcune simpatiche norvegesi scambiando ricette vegetariane, ma non solo!
Il cielo non promette nulla di buono sia per la notte che per il giorno successivo, e così sarà.
Se ne approfitta per far asciugare qualche abbigliamento in previsione dell’ultimo carico dei kayak.
Alla base dell’ASKR le attività si svolgono abbastanza freneticamente e tutti sono impegnati a preparare l’essenziale per l’ultima giornata più impegnativa, quella della “marathon” e soprattutto alla ricerca di un bollettino meteo favorevole ipotizzando l’abbigliamento più idoneo senza trascurare il menù della giornata.
Ai tavoli sulla banchina ci si avvicenda un po’ tutti e quindi occasione di scambi di opinioni con gli amici delle varie nazionalità.


L’ultima giornata prevede, a libera scelta, la maratona di 24 nm o una tappa più breve ma con l’arrivo per tutti a Krakberget.
Si parte con cielo plumbeo e pioggia mentre il sole riapparirà dopo le prime cinque ore, riscaldando, si fa per dire, solo nell’ultima ora e mezzo. Se nei giorni precedenti il mare è stato decisamente poco mosso, in questa giornata è tutt’altra cosa: divertimento senza correre seri pericoli, soprattutto grazie al vento debole con poche onde frangenti. Nelle prime due ore di navigazione, tra l’isola di Tyndsoya e la grande isola di Skogsoya, le onde di tre quarti si sono cavalcate con significativi ed altalenanti su e giù ma sempre con reverenziale prudenza in una atmosfera affascinante. Terminato il tratto di mare aperto, il resto del gruppo della maratona, che aveva navigato lungo costa, raggiunge i “quattro italiani soli al comando”, all’entrata del Prestfjorden dove si prende fiato: qualche minuto per una veloce alimentazione e poi, di buona lena, via verso l’arrivo.

In queste occasioni è bene bere o sorseggiare con frequenza, e ad ogni ora alimentarsi con qualcosa di solido, facile a digerirsi e di veloce assimilazione. Non attenersi a queste indicazioni di base, vuol dire andare incontro a crisi certa, che quando si avverte, è ormai troppo tardi per rimediare in poco tempo.

All’arrivo a Krakberger, tutti stanchi ma soddisfatti per essersi misurati su una lunga distanza, con mare mosso per un terzo del percorso e vento contrario per i rimanenti due terzi.
Anche questa edizione, una “grande” Arctic Sea Kayak Race/Ramble con ampia partecipazione internazionale e tutti con valide imbarcazioni idonee alla manifestazione, i kayak da mare!
Tutti insieme in serata con menù tipicamente norvegese e con il primo premio, un kayak della Prijon, vinto da uno del gruppo italiano (già successe nel 1999).


ci si prepara per il viaggio di ritorno

Se il gruppo italiano si è distinto per l’uso delle pagaie groenlandesi, i nordici per i kayak dotati di timone senza il quale, affermano, sui loro mari non si può andare. Su queste opinioni ci sarebbe da discutere a lungo. Sostanzialmente si può dar ragione al pensiero di Federico che sostiene che la differenza di base tra il nostro gruppo e gli altri, consiste nel diverso feeling che si ha con il kayak, ovvero il nostro tutt’uno uomo-kayak porta ad una maggior sensibilità nella navigazione e conduzione del mezzo, contrapposto al pagaiare comodo dei “nordici” su mezzi decisamente ad alto volume ed affidandosi essenzialmente al timone.
E’ doveroso, a conclusione di questo lungo scritto, rendere noto che la parte organizzativa è stata perfetta, e ciò si è constatato in circostanze serie, ovvero di pronto intervento, con cura professionale che di meglio non ci si può aspettare, considerando l’ambiente e la zona in cui l’intervento è richiesto.
L’assistenza in mare è un punto di forza dell’organizzazione dell’ASKR. Una bella garanzia, e ciò assicurato da due imbarcazioni veloci collegate via radio alla base di Skipnes. Nei casi di emergenza, un medico è a disposizione, così come medicinali di pronto impiego in casi di piccoli problemi fisici. Anche su questi aspetti, verificati nella precedente esperienza, sono stati utili nel convincere gli amici a partecipare.
Ovvio che decidendo di partecipare ad una manifestazione itinerante con campeggio nautico, certi servizi non sono e non possono essere disponibili, per cui è implicita una forma di adattamento e attrezzarsi al meglio, considerando il tutto, una piccola avventura con tutti i vantaggi e svantaggi che ne conseguono.
Decisamente positiva anche la seconda esperienza all’ASKR, tanto che alla data non si è trovata controindicazione per una eventuale terza partecipazione, ma certo un obbiettivo è quello di convincere altri amici del kayak da mare.

ABOUT THE AUTHOR

sottocosta